La bambina entrò trionfante in casa, esponendo ben in vista il suo trofeo. Gli altri erano già tutti a tavola, pronti per la cena, e l’avrebbero sicuramente rimproverata del ritardo se non fosse stato per il trofeo, che trasformò in stupore ogni velleità severa, e per l’aspetto irriconoscibile di chi lo portava. Sorrideva, la bambina, come chi ha conquistato una vittoria perigliosa. I denti bianchissimi del sorriso e la vivacità degli occhi erano l’unico dettaglio luminoso in un insieme di fango, qua e là essiccato, capelli confusi, abiti sdruciti. Il trofeo consisteva in un contenitore di plastica, di quelli che si usano per le vernici, vetusto da tempo e intemperie. Da dentro, proveniva un suono ambiguo di acqua smossa. Gli altri si avvicinarono ad osservare cosa producesse quel rumore. Nell’acqua fangosa, qualcosa si muoveva. I dentini bianchi e gli occhi vivaci dissero: “Ho pescato tre pesci nel Versa. Li ho pescati con le mani. Sono anche scivolata, ma non mi sono fatta male. Ho trovato questo ‘coso’ di plastica e li ho messi dentro. Se volete, li mangiamo, però vorrei metterli con il pesce rosso nella palla di vetro”. In risposta, un pescetto, fangoso quanto l’acqua che lo ospitava, fece un guizzo. Così gli altri decisero di lavarli tutti, la bambina e i pesciolini, in più travasi d’acqua. I pescetti del Versa no, non li mangiarono. Il pesce rosso all’inizio si spaventò dei tre nuovi inquilini, così rustici nei modi. Poi capì che occorreva convivere. Con i pesci del Versa, i primi (e forse unici) pesci del Versa esposti in un’acquario di vetro, in salotto.

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