Ascoltare Diego Boiocchi, in arte Moho, nella sede dell’Infopoint di Stradella fa un effetto strano. Pochi metri più in là, passa un treno. Com’è normale che sia, essendo in una stazione. A distanza più ravvicinata si sente il frullìo di pensieri in movimento, quelli di un artista affascinato da una varietà di stimoli riconducibili a due elementi: numeri e provocazione. Boiocchi è un ingegnere, ma non è la sua formazione universitaria ad avergli aperto un mondo di numeri e spazialità. Il mondo di Diego è Diego. Non perché mostri di essere un superuomo, non per egocentrismo. Al contrario: Diego enuncia prima limiti, difetti, errori e incertezze. Il mondo di Diego è Diego perché è un mondo senza copie e impossibile da replicare. Pone in chiaro che lui ha deciso di esporre la sua arte meno di un anno fa, a 43 anni, che prima non era sicuro, non che lo sia stato dopo. Perlomeno non di tutto. E’ sicuro ad esempio che non vuole entrare in un tourbillon di eventi. No: ha provato, ma ora vuole esserci non sempre né spesso, ma talvolta. L’inflazione della presenza non va bene. E poi c’è altro da fare. Sperimentare, ad esempio, nuove modalità di espressione. Diego lo fa nel suo studio di Zenevredo, a pochi chilometri da Stradella. Chiamarlo studio è riduttivo perché quel suo studio è la casa dove nacque Carlo Alberto Pisani Dossi, il padre della Scapigliatura. Saranno i muri, saranno le colline, sarà un posto che forse vuol dire “ginepreto” (di idee, emozioni, sensazioni), sarà che a volte le cose succedono. A Diego succede di aver trovato un modo per accompagnare le sue opere pittoriche con la sua musica, composta, arrangiata ed eseguita da lui stesso su pianoforte mezzacoda, ottimizzata con sistemi Mac. Sinestesia: si vede, si ascolta, si pensa. La prima mostra di Diego risale al febbraio 2014. Si intitolava “Collezione Pittipanna” e fu allestita in Santa Maria Gualtieri a Pavia. Poi è accaduto altro. L’incontro con Vittorio Sgarbi, la presenza in Spoleto Arte. Dal 4 al 7 dicembre le sue opere saranno in Spectrum a Miami, in Florida, poi dall’11 al 25 gennaio alla Biennale Internazionale d’arte di Palermo. Diego dipinge con tecniche ad olio, pastello, acquerello. E fin qui, niente di nuovo. Però dipinge anche Bit Wax e Bit Fresco. La tecnica Bit Wax consiste in particolari procedimenti di trasposizione da immagini native digitali a dimensione materica. Il Bit Fresco consiste nel modificare, attraverso interventi digitali, la forma originale delle opere. Qui scatta la provocazione: “Volete questo? Volete la finzione?” – chiede Diego a un pubblico ipotetico – “Eccola: non è l’originale, è ciò che volete. E’ il bello secondo voi”. Il veramente falso di Diego ha avuto la capacità di ravvivare un ricordo. Nel 2006, a Bayeux, in Normandia, andai a vedere l’arazzo tessuto da Matilde, moglie di Gugliemo il Conquistatore, per narrare e celebrare la conquista dell’Inghilterra da parte dei Normanni. All’inizio dell’esposizione il pubblico si assembrava per vederne la riproduzione su carta, senza avvedersi che si trattava di una semplice riproduzione. Nella sala dove era esposto l’originale, composto da più tele unite fra loro, nessuno. “Per riconoscere un originale occorre cultura, quella che viene insegnata sin da piccoli, bisogna saperlo riconoscere – dice Moho -. Certamente è più facile accontentarsi di un bell’involucro che andare a cercare l’originale. A me l’involucro non interessa. Ho pensato che in una delle prossime mostre potrei esporre un’opera rielaborata e, nel retro della tela, fissare l’originale. Quale preferite?, potrei chiedere”. Soggetto fondamentale: l’osservatore. “Senza un osservatore l’esperimento non può riuscire”, sottolinea Boiocchi. Quindi è indispensabile sempre valutare “l’effetto che fa”. L’effetto che ad esempio può fare la serie di opere che lui stesso ha definito di Cromodinamica Quantistica. Vanno viste, più che spiegate, e ognuno le può vedere in modo diverso, soggettivo, mutevole secondo la sensibilità e il momento. Così come si suggerisce di osservare le opere di Moho ascoltando la sua musica. L’esperimento può essere testato anche a distanza – ma la vista e l’ascolto originali sono un’altra cosa – sul sito . Provare. E non credere.

 

 

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