Radioamatori, il primato della ERE in Oltrepò
Confessione iniziale: la parola “radioamatori” a me ha sempre ricordato i fratelli Achille e Giovanni Judica Cordiglia, torinesi, che negli anni ’60 sostennero di aver captato voci di astronauti russi in missioni spaziali non ufficiali, effettuate prima del volo di Gagarin. Astronauti persi nello spazio, dei quali non resta traccia in nessun archivio. E’ un mio limite profondo, legato all’immaginario di Torre Bert, il luogo dal quale gli Judica Cordiglia si ponevano all’ascolto dello spazio. Scoprire che i radioamatori non soltanto fanno ben altro, ma che sono (numerosi) fra noi, nella zona di Stradella e Broni, è stata una sorpresa affascinante quasi quanto il mistero degli Sputnik fantasma. Ma non solo: scoprire che proprio qui è nato nel 1969 il primo e unico laboratorio italiano per la realizzazione ricetrasmittenti, è stata la sorpresa più grande. Il primato (che si aggiunge a quello della Fisarmonica di Stradella e delle moto Alpino e Ardito, sempre di Stradella) è della ERE, sigla che significa Equipaggiamenti Radio Elettronici. Nel 1969, Pietro Vecchi, bronese, allora radioamatore per hobby, fu incaricato da un’industria milanese di creare un trasmettitore (foto 1). “Per farlo – è lo stesso Vecchi a raccontarlo – mi diedero 100.000 lire. Non avevo un laboratorio: creai lo strumento nel garage di casa, aiutato da Oreste Tassi e Giorgio Beretta”. Il prototipo ebbe successo, entrò in produzione e nacque la Ere, con una sede di rappresentanza a Broni e una operativa a Canneto Pavese. Come dipendenti, tre uomini e cinque donne, “perché le donne sono bravissime in questi lavori di precisione”, commenta Vecchi. Nessuna concorrenza in Italia e due soltanto in Europa: la tedesca Braun e una piccola realtà inglese. Nel 1971, la novità: dai laboratori della Ere uscì il Mobil 5, primo ricetrasmettitore VHF AM/FM veicolare a sintonia continua (foto2). Era piccolo, il Mobil 5, molto più piccolo degli strumenti fino ad allora utilizzati. La sua forza consisteva nell’altissima tecnologia applicata. Sbaragliò tutti i concorrenti nei contest, competizioni tra radioamatori e cambiò un’epoca. La Ere esiste ancora (www.ere-online.it), anche se la sua produzione è cambiata e, del 1975 sino ad ora, ha sede a Stradella. E’ a Stradella, non lontano dalla Ere, che si riuniscono i radioamatori della Sezione A.R.I. di Broni Stradella (Associazione Radioamatori Italiani, http://ari2704.jimdo.com/) intitolata al bronese Angelo Ferrari. Gli iscritti sono 31. Presidente è Paolo Bassani. Conoscerli, per chi come me è fermo agli Judica Cordiglia, equivale a varcare uno Stargate reale ed entrare in un mondo insospettato, riconducibile a una parola: “sperimentazione”. Questo dicono di fare e fanno, forti di conoscenze di Elettronica, Fisica, Geografia, storia contemporanea e lingue straniere. Pronta dimostrazione con un piccolo apparecchio portatile che sembra un cellulare, ma è ben altro, e poi, in laboratorio, fra transistor e computer. Ascoltare Graziano Braga, Stefano Pellegatta, Angelo Contini, Pietro Vecchi e Paolo Bassani significa soprattutto accostarsi a una passione, fatta di esami da sostenere e di un’etica che non t’aspetteresti. Per radio, un radioamatore non può parlare del suo privato e di politica, ad esempio, e, se per caso ascolta comunicazioni riservate, è tenuto rigorosamente a non diffonderne il contenuto. I radioamatori sono operatori della Protezione Civile, garantiscono le comunicazioni ponte nei rally e in tutti i casi in cui i canali consueti non possono funzionare. Basti pensare, ad esempio, a quegli Stati in cui andare a scuola significa seguire lezioni a distanza, attraverso la radio, appunto. Per qualcuno, questa passione è diventata un vero e proprio lavoro. La Ere è di diritto entrata nella storia del settore. Braga conserva il primo modello di ricetrasmittente prodotto dalla Ere e anche il primo Mobil 5. E, forse, anche questi strumenti, che portano stampato il nome dell’azienda e il luogo, “Canneto Pavese”, come la Fisarmonica, l’Alpino e l’Ardito meriterebbero di entrare in una sala museale dedicata alla straordinaria inventiva dell’Oltrepò.
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- 24 Marzo 2014
- Ci.Mon.